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Mario Merola
di Ciro Discepolo


Mario Merola aveva sedici anni e la sua Rosina quattordici; un giorno, tra le scale scardinate di uno di quei tanti edifici fatiscenti che raccolgono i poveri di Napoli, il futuro cantante estrasse una pistola di legno e, fingendo di minacciare la ragazza, disse: "Io ti rapisco" e Rosina: "No, io verrò con te quando mi potrai sposare alla chiesa del Carmine e io avrò l'abito bianco". Era già sceneggiata. I prodromi del destino di Mario Merola erano già evidenti nella sua giovinezza.

Questo è un punto importante, da tenere nella massima considerazione: indipendentemente dall'astrologia, il futuro di un uomo, o di una donna, si può leggere in alcuni segni "premonitori" del suo passato. Le inclinazioni di fondo sono già scritte e contenute nell'acido desossiribonucleico e si manifestano in sintonia con le occasioni più adatte. Un bambino che incanta i suoi coetanei cantando, è un cantante potenziale, allo stesso modo in cui un ragazzo che viviseziona le lucertole è un chirurgo in erba, anche se inutilmente crudele.

E le stimmate da sceneggiata erano già presenti nel piccolo Merola; né mancavano i personaggi chiave di questo tipo di tragedia melodrammatica popolare napoletana: la fame, tanta fame, la città ed il Paese distrutti da una guerra tremenda, il padre in carcere, un fratello ucciso mentre tentava di rubare in una macchina ... Merola era già protagonista a dieci-dodici anni. Si aggirava tra le tendopoli delle forze armate USA di liberazione e rubava scatolette di carne. Conobbe anche il riformatorio: fu arrestato, una volta, per aver rubato un finocchio, "quello che si mangia" precisa lui ...

Merola ha fatto cento mestieri, per lo più umili, ma sempre con la grande passione del canto nel cuore. L'ultima attività che lo vide impegnato manualmente, prima del successo artistico, fu quella di scaricatore di porto: un lavoro duro per uomini forti quale egli è. Il suo Marte congiunto al Sole, in Ariete e all'angolo occidentale del cielo di nascita, racchiude una forza eccezionale, che insieme alla prima dominante Giove, alla levata, spiega la mole imponente ed i tratti da lottatore che lo contraddistinguono.

Tutti, però, dicono che è una "pasta d'uomo", un "gigante amico". Ed è vero, nel senso che una grande energia, quando viene canalizzata bene, diventa anche generosità. La generosità è un sentimento, ne sono convinto, che possono permettersi coloro che sono in grado di offrirlo: provate a trovare un uomo depauperato da aspetti frustranti alla nascita e che sia generoso! Avere un Marte fortissimo come in questo caso vuol dire essere assai forti e, quindi, aggressivi/violenti o generosi. Se, invece, il nostro non avesse avuto una grande voce, allora sono dell'idea che egli sarebbe potuto finire nella maglia poliramificata della mala napoletana, nel traffico di sigarette, nella camorra. La sua voce lo ha salvato e arricchito, sotto tutti i punti di vista.

Non riesco a trovare una spiegazione convincente, da un punto di vista astrologico, della sua carriera canora. Il canto è una di quelle attività che mi sfugge più frequentemente nell'analisi di un tema natale [scrivevo, però, all'inizio degli anni Ottanta...]. Sì, qualche "appiglio" lo si può trovare, ma niente di convincente. Sarebbe errato, d'altra parte, ritenere compiutamente esplorato il terreno astrologico e finiremmo, se così facessimo, per dare ragione a Giorgio Buonvino che, da queste stesse pagine, parlando di noi, dice che "sarebbe inutile spiegare ad un cieco nato che cosa sia il sole: non lo capirà mai". Il fatto peggiore, invece, è credere di vedere anche quando si è ciechi, con gli occhi della presunzione e dell'arroganza.

Noi astrologi, più umilmente, cerchiamo di capire i misteri che ci circondano. Tra questi vi è senz'altro l'orientamento professionale letto in chiave astrologica. È esemplare, a questo riguardo, quanto scritto da Barbault nel suo testo dedicato all'argomento. Giustamente, dice Sandro Bellenghi nella recensione fatta su "Sirio", non possiamo dichiarare "avrete una data professione", ma "nella vostra professione sceglierete questo ruolo".

Ed eccoci al caso nostro. Mario Merola, con la sua terza dominante Marte, fa dello sport cantando, brucia energie, cala di peso modulando note: stringe i pugni mentre spalanca le braccia, corruccia la fronte e qualche volta piange, squarcia l'aria con i suoi acuti, soffre e suda come in una lotta. A colorare i contorni della sua professione c'è poi la seconda dominante, Plutone.

È un caso che il genere di Merola sia quello della mala, dei fatti di cronaca nera, dei coltelli e dei tradimenti, del delitto d'onore e dei "malamente"?

Evidentemente no, per quelli che non vogliono essere ciechi.

Anche se il cantante nato a Napoli il 6 aprile 1934, alle ore 19, si esprime talvolta nel genere sentimentale, la sua matrice professionale è quella dei drammi umani della povera gente dei vicoli del capoluogo campano, protagonisti - spesso - di esistenze al limite della legge dove la vita è una pantomima di situazioni ideali, "tagliate con il coltello", in cui i cattivi sono brutti e cattivi e i buoni sono davvero tali, bianchi come un lenzuolo. Merola ha incarnato perfettamente queste realtà e perciò la gente partecipa alle sue rappresentazioni identificandosi nei personaggi, prendendo vivacemente parte alle vicende della sceneggiata, piangendo ridendo soffrendo, talvolta minacciando i cattivi. Un giorno è successo per le strade di Napoli: Merola girava un film in cui veniva accoltellato e alcuni passanti, prendendo per vero quello che vedevano, inseguivano il presunto assassino al grido di: "Squartatelo stu' carognone. Ha accoltellato Merola".

Plutone, che astrologicamente è vicino alla violenza, alla delinquenza, ai fatti di cronaca nera e simili, si è manifestato, nella vita del soggetto, anche più significativamente, con veri colpi di fucile sparati contro la sua villa di Portici, con intenti intimidatori che volevano fare da supporto a una richiesta di taglieggiamento da parte di camorristi (si ricorderà che, a questo proposito, il cantante venne ascoltato dal giudice per presunti legami con la mala vita, ma a suo carico non risultò nulla).

C'è poi l'altra dominante, la prima in ordine di importanza, Giove. Essa, oltre a darci la giustificazione della corporatura imponente del nostro, stigmatizza anche il suo successo, la sua fortuna. Per lasciare il recinto della povertà e della fame, infatti, non basta solo avere una bella voce, ma occorre anche essere "protetti dalla dea bendata". Quanti bravissimi artisti sono restati nell'ombra per un'intera vita, magari come alcuni famosi posteggiatori napoletani che fanno il giro dei ristoranti sul lungomare, la sera, cantando e suonando in cambio di elemosine!

Nel tema natale di Merola ci sono più dominanti o sottodominanti e, tra queste, Urano al Discendente: non voglio svolgere il ruolo di Cassandra, ma mi sembra che essa non si sia ancora espressa. Chi ha funzionato perfettamente, almeno fino ad ora, è Saturno che, stazionando in quarta Casa natale, ha messo in evidenza quanto la famiglia, prima di origine e poi acquisita, abbia influito pesantemente sull'artista partenopeo.

Ho detto prima del padre in prigione e del fratello ucciso durante un piccolo furto, successivamente Merola si è fatto carico dì situazioni penose, accogliendo in casa sua familiari colpiti dal destino, come il cognato vedovo e i suoi tre figli. La moglie di questi, in punto di morte implorò: "Marittiello, pensaci tu". E lui ci ha pensato così oggi, anziché avere tre figli se ne ritrova sei.

Ma i figli, nel suo oroscopo, rappresentano gioie, felicità, come simboleggiato da Venere in quinta Casa radicale. Questa stessa Venere, credo, lo renda "sensibile" alle donne. Al cronista che gli chiede: "Cosa sceglieresti di fronte a un piatto di spaghetti e a una bella donna?" Mario risponde: "Gli spaghetti, naturalmente, e subito dopo anche la bella donna".

Tornando alla congiunzione Sole-Marte in sesta Casa, nell'Ariete, notiamo che essa è anche indice della conflittualità nel suo lavoro, conflittualità generata dai critici che storcono il naso per la sua "cultura troppo popolare". Qualcuno, impietosamente, lo ha messo di fronte alle telecamere insieme ai rappresentanti dell'altra "napoletanità", quella colta, officiata dai vari Luigi Compagnone, Mariano Rigillo, Domenico Rea, Giorgio De Simone e altri ancora. Il risultato è stato secondo le aspettative, ma Merola ha conquistato la gente con la sua semplicità arietina: "Non posso competere con questi uomini colti, io non so parlare, mi esprimo con i sentimenti ... ". E la gente lo comprende bene.

In quest'Italia postsessantottina, che ha premiato la filosofia dei buoni sentimenti di film come Cuore di Comencini o ET o Voglia di tenerezza, c'è posto anche per il buon Merola che a Napoli come a Milano, e a Torino e Roma come a New York, riesce ancora oggi a riempire i teatri. Canta i versi di Libero Bovio: "O ssaie ca mamma toia more e te chiamme. Chi sò? Vuie me guardate? So 'o pate ... I' songo 'o pate e nun me pò caccià, sò nu faticatore e magne pane e pane, sì zappo a' terra chesto te fa onore ... addenocchiate e vasame 'sti mane!". Cala il sipario tra le lacrime e gli applausi della gente, ma solo per un'altra sera. Domani ci sarà un nuovo successo.

Sotto il Vesuvio, emblema della sua marzialità, vive anche un'altra Napoli, quella di Salvatore Piscicelli, di Blues metropolitano, cantata, su ritmi rock, dai vari Tony Esposito, Tullio de Piscopo, Pino Daniele: è la Napoli del degrado urbano, della droga, dell'emarginazione, delle periferie malinconiche. Quella di Merola è ancora la vecchia, è l'Italian Style delle "lacrime napulitane".

 

Ciro Discepolo

 

Tratto dal libro Da Costanzo a Nilde Jotti, edizioni Ricerca '90, 1992



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