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Il messaggero divino

di Germana Accorsi Verdi


In uno dei suoi Dialoghi, il Fedro, Platone fa raccontare a Socrate la storia del dio egiziano Thot. Questa divinità viveva nel Delta del Nilo, aveva per uccello sacro l'ibis ed era considerato dagli antichi come lo scopritore dei numeri , dei calcoli, della geometria, della astronomia, del gioco del tavoliere, dei dadi ed infine della scrittura. Secondo la tradizione riportata da Platone, il dio era particolarmente orgoglioso di questa sua ultima scoperta che a suo sentire avrebbe permesso agli uomini di possedere più scienza e più conoscenza. Ma Platone facendo suo il giudizio del re di Tebe al quale Thot si era rivolto per avere un parere sulla sua scoperta, farà apparire la superiorità della tradizione orale rispetto alla scrittura che a suo sentire invece di migliorare la sapienza dell'uomo, lo spinge a cercare fuori di sé il mezzo di conservare i ricordi. Però è anche grazie a quel dialogo scritto che l'antico ricordo di questo dio egizio è giunto sino a noi!

Thot era strettamente associato alla luna - il secondo occhio di Ra - ed era regolarmente raffigurato con un copricapo formato da un disco e da una luna crescente simboleggianti le fasi lunari. Probabilmente il fatto che il tempo fosse misurato seguendo le fasi lunari fece attribuire a questa divinità l'invenzione del numero e dei calcoli e per estensione il suo legame con il tempo. Viene infatti spesso raffigurato con la testa di ibis ed un lungo becco nell'atto di registrare i nomi dei re su di una foglia di albero di persea: è possibile che la simbolica associazione con questo animale dal caratteristico becco ricurvo sia dovuta al fatto che il becco faceva facilmente pensare all'immagine della luna crescente . Si riteneva che anche il grande babbuino bianco fosse legato a Thot: in Egitto il babbuino era simbolo di conoscenza e di saggezza ed è così che si vede spesso Thot sotto la forma di un saggio e anziano babbuino sedere alle spalle dello scriba per presiedere al suo lavoro. È sicuramente il suo legame con la luna che lo ha fatto identificare come esperto di sogni e di magia, due dimensioni da sempre legate con le funzioni lunari. Comunque nella letteratura egiziana c'era un'antica tradizione riguardante la conoscenza segreta di Thot. Molti racconti parlano di stanze misteriose e di altrettanto misteriosi libri cercati da dotti scribi, sacerdoti e principi nel tentativo di raggiungere questi segreti.

Come inventore della scrittura considerata sacra in quanto " le parole di dio", era spesso rappresentato con il pennello e un rotolo in mano nel classico atteggiamento degli scribi di cui era il patrono. Ma un altro importante ruolo veniva svolto da Thot nell'oltretomba. Sono state trovate molte immagini del dio nell'atto di assistere alla classica pesatura dell'anima del defunto per registrarne i risultati . Fungeva inoltre da accompagnatore e guardiano dei morti.

Probabilmente è stato il suo ruolo di guardiano dell'oltretomba e di messaggero degli dei, che verso il periodo Tolemaico - 332-30 a.c. ha fatto identificare Thot con il dio greco Ermes. Ermes infatti era considerato la guida delle anime dei morti, l'araldo degli dei , oltre che il dio delle profezie e del commercio. Figlio di Zeus e di Maia, una delle Pleiadi era, narrano gli inni Omerici "un figlio dalle molte arti, dalla mente sottile, predone, ladro di buoi, ispiratore di sogni". In questa descrizione troviamo alcune caratteristiche di Thot e altre inedite come quella di ladro. Ma anche il Mercurio romano al quale Ermes poteva essere assimilato, presentava queste simpatiche caratteristiche...

E se vogliamo dare credito a una predizione trovata su di una tavoletta in cuneiforme, anche presso i popoli mesopotamici era in qualche modo legato ai furti "quando Mercurio è visibile in Kis , ci saranno ladroni nel paese"!

Il nostro simpatico "amico" era infatti ben presente nella tradizione mesopotamica. Si chiamava Nabu nella sua veste di divinità mentre nella veste planetaria il suo nome in accadico era Shihtu che significa "saltellante" forse in riferimento al suo movimento rapido attorno al Sole o al fatto che come Nabu era considerato l'araldo degli altri dei e si muoveva quindi rapidamente. A precisare ulteriormente la sua posizione di araldo ufficiale degli dei, il nome Nabu significava appunto "messaggero".

Questa divinità di origine semita è già presente nel pantheon mesopotamico al tempo di Hammurabi verso il 1700. Nel primo millennio a.c. divenne una divinità di primo piano venerata a Borsippa città poco distante da Babilonia. Il tempio di Nabu, l'Ezida, aveva una notevole biblioteca nella quale il grande Assurbanipal aveva fatto effettuare delle ricerche estensive per trovare tavolette antiche o insolite.

Nabu era considerato lo scriba personale e il figlio del grande dio Marduk e dal momento che Marduk era legato al Sole, è facile capire perché Mercurio che non si allontana mai troppo dal sole e gli gira attorno più rapidamente di tutti gli altri pianeti , possa essere stato visto come il figlio dello stesso. Questo spiega anche perché fosse legato simbolicamente al principe ereditario come si può dedurre da questa osservazione "il pianeta Mercurio è molto brillante; dal momento che è la stella del principe ereditario, questo significa fortuna per il re e il principe".

Questa attribuzione di "figlio" è giunta attraverso i millenni sino a noi a riprova che l'astrologia che pratichiamo oggi non è che un capitolo di un lungo viaggio.... come è giunto sino a noi il ricordo del suo legame antico con la luna attraverso il glifo che ancora porta in alto un crescente lunare.

Un'altra attribuzione già presente in mesopotamia , è quella che lo lega ai commerci e ai mercati anche se indirettamente. Dal momento che veniva considerato un dio legato alla pioggia che in quelle terre aride era una vera benedizione, per estensione, con il tempo, è stato legato ai raccolti, alla registrazione degli stessi, e al commercio che ne derivava. Come Thot comunque esercitava l'importante funzione di registrare gli atti ufficiali degli dei . Per questo è spesso rappresentato nell'atto di scrivere e uno dei suoi simboli era appunto lo scrittoio degli scribi.

Esiste una curiosa tecnica medioevale che si può fare risalire alla mesopotamia e particolarmente alla festa per il Nuovo Anno che veniva celebrata tutti gli anni in primavera quando il sole entra nella costellazione dell'Ariete. La tecnica era di tracciare una mappa al momento dell'ingresso della primavera per prevedere gli eventi dell'anno. Lo stesso avveniva a Babilonia come possiamo leggere nel poema Enuma Elis che veniva recitato durante quella festa e che narra come gli dei maggiori tra cui Marduk tracciassero i destini dell'anno a venire. Nabu poi li registrava e gli astrologi di corte li interpretavano guardando il cielo del momento. "Quando Giove appare all'inizio dell'anno, in quell'anno il raccolto sarà abbondante" recita una tavoletta.

Nella tradizione giudaico-cristiana il nome di questa Energia Spirituale presente da sempre cambia, ma non certe funzioni e caratteristiche. Se è vero che il nome Angelo che deriva dal greco Aggelos significa "messaggero", nessun Angelo meglio di Gabriele è fedele alla spirito di questo significato. Gabriele significa la "Forza di Dio" e con Michele, Raffaele, Phanuel , è considerato l'Angelo della Faccia o della Presenza . È così che si presenta a Zaccaria per annunciargli la nascita di un figlio nonostante la tarda età della moglie "Io sono Gabriele che sto davanti a Dio". Annunciatore della nascita di Giovanni e poi di un'altra importante nascita per la nostra tradizione: quella di Gesù.

Siamo nel Nuovo Testamento ma molto tempo prima Gabriele era già apparso nella letteratura biblica dell'esilio a Babilonia e precisamente nel libro di Daniele 8-16, 9-21 e in una veste che ci riporta direttamente a Thot in questo viaggio circolare di individuazione delle Forze Sacre presenti nell'universo: arriverà in volo "rapido" e aiuterà Daniele ad interpretare le visioni misteriose che riguardano i destini a venire in una sorta di Apocalisse.

 

Bibliografia:

 

Germana Accorsi Verdi

 

Pubblicato sul numero 40 di Ricerca '90

 

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